L’importanza della scrittura a mano

Un recente studio norvegese mette a nudo quali siano gli imprevedibili effetti dell’utilizzo di strumenti che parrebbero solo facilitare la vita agli scolari ed agli studenti

Rispetto al dilagante ricorso alla strumentazione informatica nelle scuole, la scienza aveva avuto modo di accertare – già a partire dagli anni ’90 – la maggiore correttezza ortografica, il migliore sviluppo della memoria, oltre ad una maggiore capacità di riconoscimento e comprensione dei simboli alfabetici da parte degli scolari e degli studenti addestrati alla scrittura a mano (anche con penna digitale) anziché a quella mediata da una tastiera alfanumerica. L’apprendimento non è infatti facilitato da qualsiasi attività neuromotoria; ma è facilitato specificamente dai movimenti accurati e complessi necessari a tracciare i segni che compongono le singole lettere delle parole.

Un nuovo studio norvegese pubblicato nel gennaio 2024 su “Frontiers” offre altri interessanti spunti di riflessione. Si focalizza infatti sulla differenza tra le interconnessioni neurali prodotte nelle diverse aree del cervello dalla scrittura corsiva e dalla scrittura digitale. Precisa cioè quanto ci era noto.

Lo studio ha preso in esame i dati degli elettroencefalogrammi ad alta densità relativi all’attività cerebrale di trentasei studenti e di dodici adulti, durante trial multipli. Ogni partecipante è stato invitato a scrivere una serie di parole in corsivo, con la mano destra, vergando con una penna digitale le lettere sopra uno schermo; oppure digitando le lettere singolarmente sopra una tastiera. Gli encefalogrammi sono stati registrati durante le operazioni di scrittura (avendo cura di evitare distorsioni ed errori) per mezzo di duecentocinquantasei elettrodi adesi alla cute dei partecipanti; gli encefalogrammi sono poi stati trattati con rodati software di analisi dell’attività elettrica cerebrale.

La ricerca, i cui risultati possono essere esaminati nel dettaglio leggendo l’articolo originale riportato al link qui sotto, si è concentrata sull’attivazione delle aree parietali e centrali del cervello umano durante la scrittura nelle due modalità sopra descritte; ed è giunta alla conclusione che la scrittura manuale stimola decisamente la crescita della connettività neurale entro precise bande di frequenza, probabilmente in ragione dei meccanismi di integrazione sensomotoria sottostanti: scrivere con la penna è infatti un’operazione complessa che ci coinvolge in modo profondo, con effetti importanti sulla comprensione e memorizzazione di lungo periodo.

Gli autori dello studio evidenziano – come è giusto – l’importanza di fare scelte educative oculate e, non necessariamente esclusive, in ordine alle diverse tecniche di scrittura, soprattutto in età scolare: allo scopo di coglierne i benefìci specifici, e di evitarne gli effetti indesiderati ormai accertati.

A tale riguardo io ho sentito di rado i nuovisti – che amano spesso chiamare in causa la scientificità delle proprie posizioni – mettere in discussione i possibili effetti dell’introduzione di novità nel mondo della scuola. Il nuovo, per loro, andrebbe introdotto anche solo per il semplice fatto che gli insegnanti e l’insegnamento corrono il grave rischio di scollarsi dalla società in perpetua trasformazione. È vero: tutto oggi cambia, così come è sempre cambiato.
E allora? Perché mai certe istituzioni umane sono sopravvissute al tempo attraversando anche rivoluzioni violente e drastici mutamenti di mentalità? Siamo proprio sicuri che molte cose della scuola non siano giunte fino a noi proprio perché funzionano bene, sovente persino meglio di ciò con cui si pretende di sostituirle?

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2023.1219945/full

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