Ci dobbiamo giustificare? (1)

Di solito ci causano grattacapi quei genitori con cui entriamo in polemica. Per una volta, invece, sono stato messo in seria difficoltà da una madre che ci ha semplicemente chiesto di attivarci per una scuola migliore.

La narrazione dei genitori che sono diventati i sindacalisti dei propri figli e che pretendono di comandare nella scuola è ormai diventata un discorso da spiaggia. Questi genitori molto visibili, che arrivano spesso a fare notizia in negativo, non operano per il bene alla scuola, ma sono numericamente in minoranza. Solo numericamente, purtroppo. È una minoranza molto pesante, in più di un senso.

I genitori che educano bene i propri figli, che rispettano gli insegnanti e collaborano con essi sono più numerosi. Se non fosse così la scuola sarebbe invivibile. I bravi genitori non amano particolarmente apparire e non fanno quasi mai notizia.

Una di queste madri, però, da anni si dà da fare partecipando a conferenze, rilasciando interviste ed animando i dibattiti. Appare in pubblico e la trovate su più di un canale YouTube. Purtroppo non fa notizia neanche lei, nel senso che non l’ho mai vista al telegiornale, ma forse sono io che seguo i telegiornali sbagliati. Se volete sentire cosa dice, cercate, su YouTube o sull’intero web, il nome Elisabetta Frezza. Nel mese di luglio 2024 la trovai citata su un articolo della Tecnica della Scuola. Non mi fido ciecamente dei siti pieni di pubblicità perché, per garantire la sopravvivenza dell’editore, ogni articolo viene congegnato per acchiappare clic prima ancora che per informare. Mi sono dunque dato da fare con i motori di ricerca e sono stato in grado di risalire alla fonte originale: L’eclissi della Parola. Si tratta di una relazione che apriva un convegno poco pubblicizzato. Sorpresa delle sorprese: come potete controllare dal programma, il convegno era patrocinato dalla Camera dei Deputati e prevedeva l’intervento del ministro Valditara. Se, come mi auguro, avete letto la relazione per intero, siete sobbalzati sulla sedia? Tutta quella critica spietata, chiara, granitica immaginatela proclamata al cospetto del ministro. Scene che siamo abituati a vedere solo al cinema.

Morivo dalla curiosità. Pertanto scrissi immediatamente una email all’avvocata Frezza per chiederle se il 10 luglio il ministro avesse per davvero ascoltato la sua relazione e se avesse lasciato trapelare qualche reazione. Chiesi anche cosa aspettarci da Valditara: “Vuole seguire il solco tracciato dai suoi predecessori oppure invertirà la rotta?” Con estrema gentilezza l’avvocata mi rispose. Piuttosto che riassumere la sua risposta, rischiando di alterarne il senso, preferisco riportarne, col suo consenso, i passaggi principali.

Il ministro Valditara ha parlato prima di me, in apertura. Non so se poi abbia ascoltato o letto le relazioni, non era presente in sala.
Per ora mi sembra che stia seguendo diligentemente la via tracciata. Difficile pensare che possa fare altrimenti e cambiare direzione. Basterebbe capisse cosa accade davvero nelle scuole e desse qualche segnale di fumo a chi, là fuori, lo aspetta. Sarebbe già molto.
Penso invece che una parte fondamentale possano interpretarla gli insegnanti, di tutti gli ordini e gradi di scuola. La situazione è talmente degenerata, che ormai è davvero difficile negarne la drammaticità. Ecco perché credo sia importante che chi la scuola la vive quotidianamente mettesse a fuoco i contorni del fenomeno, ne identificasse la cause, riconoscesse l’essenza del proprio compito per saperlo adeguatamente difendere.
Sono convinta che, se cominciasse a risuonare un’eco di verità sullo stato della scuola italiana, si potrebbe risvegliare un orgoglio spento nella classe docente, prima che sia troppo tardi (e si esaurisca la materia prima). Solo una massa critica preparata, motivata, forte delle proprie convinzioni (che non si limitino a qualche, pur giusta, rivendicazione sindacale), può risollevare le sorti di una istituzione allo sbando, frenando dall’interno delle proprie aule, dei propri consigli di classe e di istituto, un’onda di piena fatta di vera e propria follia. Mi lasci dire che, con alcune luminose eccezioni, la sua categoria è campione di conformismo, di passività e di rassegnazione. Vede, soffre, si deprime, ma quando c’è da votare un provvedimento aberrante, o da eseguirlo, obbedisce senza fiatare, come se avesse a che fare con qualcosa di ineluttabile.     
Non dobbiamo stancarci di far sapere a chi non lo sa cosa sta davvero accadendo. Magari apre gli occhi anche qualche genitore in più, ché pure quelli dormono sonni profondi.
Mi piacerebbe conoscere, se ce ne saranno, i commenti dei suoi colleghi.

Mi ha messo a disagio. Da una parte le voglio dare ragione, dall’altra parte voglio difendere la categoria cui appartengo. Avrei potuto appellarmi al fatto che durante il mese di luglio non vedo i miei colleghi insegnanti. Effettivamente non li vedo, ma qualche telefonata la faccio. Avrei potuto citare i libro “Il danno scolastico” di Mastrocola e Ricolfi. Difatti l’ho citato. Il libro sostiene che la guerra per distruggere la scuola è terminata da tempo e l’hanno stravinta i distruttori. Significa che tornare indietro è impossibile, ma cosa cambia? Nulla vieta di immaginare un futuro migliore. Avrei potuto ripetere il luogo comune degli insegnanti divisi fra loro. Non lo ripeto mai perché non aiuta a comprendere una realtà complessa, difficile da decifrare sia per chi ci è dentro che per chi la guarda dall’esterno.

Nella seconda parte di questo articolo vi dirò cosa risposi in difesa degli insegnanti.

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