L’ospedale che non cura
Una recensione di parte, ovviamente, perché non si capisce come si possa stare altrove rispetto a quanto descrive Giorgio Ragazzini nel suo libro sulla scuola.
Che pensereste di un Ospedale che, dopo un soggiorno ricco di ogni comfort, dimettesse i suoi pazienti senza averli curati? Tutto il male possibile, crediamo. È in questo parallelo (p.62) la migliore sintesi del recente libro sulla Scuola di Giorgio Ragazzini (Una scuola esigente. Educazione, istruzione, senso civico, Rubbettino, 2023). Da tempo la scuola italiana manca l’ obiettivo di fondo: guarire i suoi “ospiti” dal naturale male della immediatezza. Deliziosa qualità da piccoli; pericoloso difetto da grandi. Egocentrismo, pre-logicità, impulsività, suggestionabilità.
Il sole gira; il bastone si spezza nell’acqua; la terra è piatta; i vaccinati si ammalano come i non vaccinati. Apparenze ingannevoli; il mondo ne è pieno. E sono in tanti a sguazzarvi. A novembre 2021 c’erano in Italia 39 milioni di vaccinati contro otto milioni di non vaccinati; e la quota di vaccinati ospedalizzati ha superato quella dei non vaccinati; è l’effetto paradosso: nessun vaccino copre il 100%; cosa risaputa; ovviamente non puoi guardare le cifre assolute e ignorare le percentuali. Basterebbe una scuola media appena appena presentabile, per uscire dotati di queste “guarnizioni” intellettuali. Quel che non succede oggi.
Certo, l’immediatezza, cognitiva e affettiva, è un ventre caldo dal quale si esce a fatica: ci vuole studio, impegno; sforzo; disciplina; fallimenti; riprese; la faccenda procura frustrazione. Quanto è complicato il mondo: uno dice che i salari sono aumentati; un altro che prezzi di beni e servizi lo hanno fatto di più. Capire è faticoso. Analizzare stanca. Scrive l’autore, “Educare significa fondamentalmente due cose: vicinanza affettiva e allenamento alla realtà.” (p. 19). E la realtà è fatta di cose esterne spesso opache e imbrogliate; e di altri uomini spesso niente affatto disposti al dono, alla benevolenza; o alla sincerità.
L’immagine dell’Ospedale che non cura, evoca (inevitabile) Don Milani; la sua celebre denuncia contro la Scuola che boccia i più deboli. Beffardi rovesci del destino. Il suo ideale oggi si è pienamente realizzato: nessuno rischia di stare fuori; tutti saldamente dentro; tutti indifferentemente abbandonati all’allegro caos socio-educativo da cui tutti escono impugnando il successo formativo. Chissà cosa penserebbe di questa scuola/2023 Don Lorenzo; sul pensiero del quale, l’autore chiarisce, una volta di più, storici equivoci e comode, pluridecennali distorsioni (p. 41 e sgg.).
Ragazzini ci conduce in viaggio nell’universo gelatinoso della scuola indulgente: tempo dissipato in una miriade di “educazioni a qualche cosa”, con immancabile esperto in passerella (“…è semplicemente impensabile dare spazio anche solo a una parte di questa alluvione di temi (…) senza togliere ai docenti il tempo (…) per svolgere i programmi”, p. 84); occupazioni e autogestioni come consolidato, puntuale obbligo stagionale (p.86; 101 e sgg.); lezione frontale declassata a risibile vecchiume da abbandonare a favore di più smaglianti forme di edutainment (p. 142 e sgg.); scrutini finali con voti plasmati “a fantasia”, tanto da docenti benevoli (bocciare? sarebbe un trauma), quanto da Dirigenti ventilanti possibili danni “materiali” (bocciare? perdiamo cattedre) (p. 61 e sgg); diritto a copiare, diffuso, tollerato, giustificato, quasi legittimato; tanto durante l’anno come agli esami (le vie della socializzazione sono infinite) (p.77 e sgg.); comportamenti rubricabili come cronica selvatichezza; e corrispondente rassegnazione di adulti disarmati da una normativa cieca (“I comportamenti scorretti degli studenti si situano in un continuum di gravità molto ampio. A un estremo ci sono gli episodi gravissimi (…), all’altro quella che possiamo chiamare micro-indisciplina”, p.98); dilagare furbo di alunni certificati DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), e successivo tsunami – furbissimo – di brevettati BES (bisogni educativi speciali); un palese insulto alla verità dei fatti, con connesso, pauroso aumento dei carichi burocratici (“Se per i disturbi specifici dell’apprendimento (…) si è verificata una vera e propria epidemia di diagnosi, fu subito chiaro quale alluvione di casi ci si doveva aspettare con la normativa sui BES”; pp. 118-119). Considerata l’elasticità del concetto, chiunque può sperare di mutarsi in Bes, cioè aspirare a servirsi di quella triste magia che trasforma in “diversamente sufficiente”, un profitto insufficiente .
La retorica del “purché sia nuovo”, intanto, macina, impasta e cuoce senza posa altre trovate: tutor, orientatori, potenziamenti digitali; persino educazione alle relazioni (tornassimo a far leggere i Promessi Sposi…).
L’ospedale accoglie tutti ma non cura nessuno. Come dice l’autore, a farne le spese sono soprattutto i meno socialmente supportati (“Nel corso degli anni in molti hanno avvertito che una scuola del genere – che vorrebbe essere inclusiva – danneggia proprio i ragazzi delle famiglie più svantaggiate culturalmente, il cui unico ascensore sociale è rappresentato da un’istruzione approfondita”; p.12).
L’ospedale accoglie ma non cura. Viene in mente il Priore di Barbiana, ma anche quel notissimo passo del Gorgia di Platone, dove una parte della Politica (l’attività giudiziaria) è paragonata all’arte del medico, e la Retorica all’arte del cuoco. Da buoni 25 anni campiamo di gastronomia.