L’impossibilità di essere normali
Ovvero: perché è aritmeticamente certa la promozione in uno pseudo-Liceo Linguistico.
Avvertenza: Io parlo di ciò che conosco e cioè della mia esperienza, non posso certo escludere che esistano eccellenti Licei Linguistici.
Una doverosa premessa per scongiurare sospetti di nostalgia del buon tempo andato o peggio. Non penso assolutamente che lo scopo della scuola in generale e della scuola superiore in particolare sia repressivo o addirittura poliziesco, tutt’altro. Nel mio personale iperuranio la scuola dovrebbe essere un luogo di dialogo, di confronto, di cooperazione, un’attività libera, creativa. Ma bisogna pur fare i conti con la realtà, la meravigliosa metafora della maieutica non va presa proprio alla lettera, da buon empirista ritengo che alla fin fine qualcosa vada insegnato, anche perché, sempre stando alla lettera della predicazione socratica, diversamente avrebbe ben poco senso il mio mestiere di insegnante e meno ancora l’essere addirittura retribuito. Sic stantibus rebus non credo affatto che si possa o debba bocciare alla leggera e certamente non mi piace farlo, mettere una persona di fronte a un insuccesso non è mai bello, ma credo che dobbiamo essere guidati da una considerazione: (e ci sto a essere accusato di fare della retorica) qual è la cosa migliore per questa/o alunna/o, quale “bene” possiamo fare a questa/o ragazza/o? Penso che promuovere a priori studenti che non hanno fatto un tubo o che nonostante qualche debole sforzo sono totalmente avulsi da numerose discipline, sia alimentare difettose e irrealistiche aspettative, consolidare convinzioni errate, confermare il senso generalizzato di irresponsabilità, e quindi non fare del “bene” alla persona che stiamo valutando.
Ma cos’è dunque uno pseudo-Liceo Linguistico?
Dovrebbe essere una specie di Liceo Scientifico con tutte le tradizionali discipline, italiano, matematica e fisica, scienze, storia dell’arte, storia e filosofia, etc., e financo latino, con in più un robusto supplemento di inglese e due altre lingue straniere. In sostanza quindi una scuola molto difficile. Cos’è invece. Un guazzabuglio nel quale le cose cui si tiene di più e per le quali si spendono più tempo, risorse ed energie sono i viaggi, l’alternanza scuola lavoro, le gite, i progetti più bizzarri e fantasiosi, lo sport. Le banali “materie di scuola” sono ridotte al minimo sia per orari che per contenuti e richieste agli studenti. A mia domanda un collega di inglese di una terza mi ha detto che i ragazzi sono a livello di una scuola media nemmeno troppo buona e che in generale la situazione è di poco migliore in tutte le classi. La domanda sorge spontanea: cosa ci vengono a fare ragazzi che non sono, non dico appassionati, ma almeno interessati all’inglese e alle altre lingue straniere? La risposta è la vox populi: Al Liceo *** si studia poco e si prende il Diploma.
La vox populi ha perfettamente ragione e vi spiego il perché. Questo è il quadro delle discipline e quindi del Consiglio di Classe: Italiano, Inglese, Conversazione inglese, Francese, Conversazione francese, Spagnolo, Conversazione spagnolo, Matematica e Fisica, Scienze naturali, Storia dell’Arte, Scienze motorie, Religione cattolica, Storia e Filosofia. Questa è la versione più snella e fa 13, quando matematica e fisica, e storia e filosofia sono divise si può arrivare a 15, con l’insegnante o gli insegnanti di sostegno si può arrivare fino a 16, 17, più naturalmente il Preside. In alcune classi con alunni H ci sono C.d.C. più numerosi degli alunni. Facciamo un ipotesi media con 13 docenti più Preside e un docente di sostegno, totale 15.
Siamo al redde rationem, lo studente rimandato in tre, a volte anche quattro materie, ha in un mese (gli esami di riparazione si svolgono a metà luglio per consentire poi a studenti e genitori un sacrosanto e meritato periodo di vacanza) recuperato sì e no una materia. Si vota: il Preside, che ovviamente non conosce affatto lo studente e non solo, per sua stessa ammissione non mette piede in un’aula da diciotto anni, è sempre a priori per la promozione, stessa linea per il docente di religione, ginnastica e sostegno e fanno quattro poi ci sono i lettori di conversazione in lingua straniera, docenti che si trovano in una condizione molto particolare, praticamente precari o qualcosa del genere, che per non avere rogne votano quel che vuole il Capo, e fanno sette, a questo punto occorre un solo voto (basterebbe anche se il CdC fosse di 16 membri perché in caso di parità prevale il voto del Preside). Il Capo che conosce il suo mestiere (è uno sporco lavoro ma …) prima ci prova con le blandizie e il buonismo, è un ragazzo con problemi, la famiglia, la società, il destino cinico e baro, etc., se per caso non funziona sceglie il punto debole, il collega precario, timido, insicuro, e attacca con decisione ventilando ricorsi, ispezioni, e quant’altro, se anche così non funzionasse (difficile) c’è l’argomento estremo e decisivo, non si forma la classe successiva. A questo punto il timore di perdere la cadrega fa crollare come un castello di carte anche l’ultimo velleitario tentativo di salvare la faccia. E così otteniamo due fantastici risultati: ci ritroviamo in aula ragazzi che in non poche discipline non sanno niente di niente, demotiviamo i ragazzi che magari a fatica raggiungono risultati mediocri ma reali, che a questo punto ragionano come qualsiasi adolescente: “perché continuare a farmi il culo per un sei, sei e mezzo, quando xyz non ha fatto una beata minchia tutto l’anno e ha sei come me?”
P.S.
Per la serie: tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla scuola e non avete mai osato chiedere.
Mi chiedo e chiedo una cosa: perché io che ho due materie e quattro, o poniamo cinque o sei ore, nel Consiglio di Classe ho un voto come il collega di religione o di ginnastica, etc.? Di certo non dico questo per malanimo nei confronti di questi colleghi ma per la semplice considerazione che se io ho più ore (talvolta molte più ore) è ragionevole pensare che conosca meglio la classe e i ragazzi. Votare pro capite sopravvaluta l’opinione di alcuni e mortifica quella di altri.
A fare queste domande, lo so, si rischia l’accusa di nazismo o peggio, ma a me continua a sembrare una domanda sensata.