Il falso dilemma tra competenze e conoscenze.

Nonostante quello che sostengono diversi psico-pedagogisti, le nozioni sono necessarie per sviluppare le competenze e le competenze prive di conoscenze non sono che scatole vuote, ombre inconstistenti ed illusorie, retorica priva di fondamento.

Il tema è confuso e la definizione tutt’altro che univoca (cfr. il libretto “Le Competenze” della Fondazione Agnelli) ma se ci ho capito qualcosa, i fautori della novità didattico-pedagogica sostengono che è molto meglio evitare di imbottire le menti dei giovani con conoscenze e nozioni (reperibili tra l’altro facilmente attraverso il web, i social, etc.) e puntare piuttosto sulla comprensione effettiva di temi e problemi e normalmente si evoca il fantomatico problem solving, locuzione che suona bene ma dietro la quale c’è poco o nulla.

Si ripete la frase di Montaigne, “è meglio una testa ben fatta di una testa ben piena”, bella e ad effetto e che viene presa, more solito, dogmaticamente, e il dubbio perfido mi viene: non sarà che i nostri psicopedagogisti, proprio come i nostri alunni, siano incapaci di storicizzare e di contestualizzare?

Anni fa nei momenti di gioco e svago con gli alunni (carnevale, pizzate, etc.), momenti non solo piacevoli ma importanti, ero solito raccontare la seguente storiella: “Cesare ode il rumore di tumulti e manda un servo a indagare, il famiglio rientra dicendo: Cesare il popolo chiede sesterzi – No, ditegli che tirerò diritto.”. Quale che sia il giudizio sulla battuta, probabilmente pessima, non la racconto più perché nessuno la capisce, nessuno sa più che la moneta dei romani si chiamava sesterzio.

Possibile che ai nostri professoroni di pedagogia e didattica non venga in mente che, se non si sa niente, non si capisce niente?! Possibile che non capiscano che una testa vuota non può essere ben fatta?!

2 Commenti

  1. Chi blatera di competenze ignora la natura della conoscenza. Essa è il rapporto del soggetto con la realtà, superficiale nel caso della conoscenza intuitiva, profondo nel caso della conoscenza discorsiva. Questa è fatta di ragionamenti che esplicitano i rimandi virtuali tra le parole. Le parole (le calunniate nozioni) non sono dunque oggetti inerti, ma ipotesi euristiche. Una testa piena di parole è il risultato e il presupposto della ricerca. Disprezza la conoscenza chi non l’ha perché rifiuta la fatica di acquisirla.

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