Senza una bussola

Sembra che ogni insegnante possa dire e fare quello che vuole. Significa pluralità e libertà di insegnamento? Non direi, altrimenti saremmo liberi anche di programmare secondo la nostra coscienza e di dichiararlo. Per come la vedo io, abbiamo perso la bussola.

Al termine delle vacanze natalizie, quanto mai gradite e salutari, riaffiorano nella mente alcuni ricordi della recente esperienza scolastica, singole frasi pronunciate da personaggi diversi che, se le concateno in una sequenza logica, assumono un aspetto inquietante.

Ho conosciuto con piacere la madre delle gemelle della 1^ A quando si è presentata all’ora di ricevimento. Le figlie sono due ragazze meravigliose che, loro malgrado, hanno sorpreso in negativo il consiglio di classe. Non so per quale motivo ci era stato riferito che si trattava di due eccellenze. In realtà dispongono di un metodo di studio poco efficiente. C’è di peggio. Non si ricordano neanche l’argomento trattato la settimana precedente. Lo stesso dicasi di molti loro compagni, ma almeno eravamo stati preavvisati!

Insegno in una scuola secondaria di primo grado. I ragazzi che sono arrivati questo settembre sono quelli che più hanno subito le conseguenze nefaste della didattica a distanza degli anni 2020 e 2021. In pratica hanno perso i primi due anni di scuola e la lacuna è evidente come se fosse successo ieri. La mamma delle gemelle ha individuato una ulteriore colpevole. Per trasmettermi il suo sbalordimento mi ha raccontato come sono state insegnate le tabelline nella scuola primaria. La maestra fece disegnare ai bambini un cartellone con dentro le tabelline e questo fu quanto. Non conosco neanche il nome della maestra ma non è importante, così come non ritengo importante verificare come siano andati veramente i fatti. Di sicuro qualcosa è andato molto storto. Lo sappiamo perché c’è un raro genitore che segue i propri figli nello studio e non si fa ingannare dai voti in pagella.

Non sono io l’insegnante di matematica. Ricordo però che una mattina mi trovavo in corridoio, aspettando di dare il cambio in 2^ A, e potevo ascoltare distintamente la lezione di Matematica della 1^ A, malgrado la porta chiusa. La collega stava spiegando come si eseguono le moltiplicazioni in colonna. Con la scuola già iniziata da tre mesi! Siamo alle solite: c’è sempre un immenso bisogno di recupero di grammatica e matematica. Mi chiedo: visto che queste iniziative di recupero sono tanto elogiate, che bisogno c’è di iniziare la scuola a settembre? Non sarebbe meglio rimanere a casa a giocare per l’intero primo quadrimestre e poi fare un bel corso di recupero accelerato in tutte le materie?

La collega di matematica è arrivata da poco nella nostra scuola. Ha un contratto fino al termine delle lezioni. Forse non lo sa cosa ne pensa la DS delle operazioni in colonna? Oppure lo sa e se ne infischia? La teoria della nostra DS, che ho avuto modo di ascoltare dalla sua stessa bocca in numerose occasioni, è questa: le abilità di calcolo si dovrebbero imparare nella primaria. Nella secondaria ci sono cose più elevate da affrontare. Se i ragazzi non hanno ancora imparato ad eseguire le operazioni, non lo impareranno più. Quindi facciamo comprare la calcolatrice a tutti e che facciano i calcoli con la calcolatrice. Nell’ultima occasione in cui la teoria è stata esposta, un insegnante di matematica ha replicato che il problema è ben più grave: i ragazzi non distinguono i casi in cui ci vuole la sottrazione da quelli in cui ci vuole la divisione, pertanto la calcolatrice ci lascia nei guai in cui ci trova. Personalmente ritengo che lo scopo delle operazioni in colonna sia proprio quello: a forza di scendere nei dettagli, con un allenamento prolungato, si sviluppa l‘intuito che ci vuole per scegliere l’operazione giusta. Questa sarebbe, secondo me, la vera competenza e la vera didattica.

La prossima volta devo chiedere alla DS: “Visto che lei è responsabile di un istituto comprensivo, non si chiede come facciano i bambini, dopo cinque anni di scuola primaria, a non aver ancora imparato le quattro operazioni? Visto che basta la calcolatrice dello smartphone per eseguire le operazioni, a che scopo insegnare a farle in colonna?”

Come si può comprendere dai miei pochi aneddoti, qua ognuno fa di testa sua. Può dire e fare quello che vuole. Solo nei documenti ufficiali la scuola è un’istituzione compatta che fornisce la stessa didattica in tutte le classi. La realtà non viene riportata. Bello, vero? Significa pluralità e libertà di insegnamento? Non direi, altrimenti saremmo liberi anche di programmare secondo la nostra coscienza e di dichiararlo. Per come la vedo io, abbiamo perso la bussola. Non sappiamo più neanche a cosa serva la scuola. Cioè: abbiamo capito che, di base, siamo delle baby-sitter che devono tenere compagnia ai ragazzi dalle 8 alle 14. Quello che diventa sempre meno chiaro è se, oltre a ciò, dovremmo anche insegnare qualcosa.

Altro che resilienza, la nostra qualità principale è diventata la plasticità: ci adattiamo a tutto, sopportiamo tutto e non ci poniamo limiti in negativo. Invece i limiti verso l’alto sono tabù e sono sempre più bassi. Alla fine dell’anno non ci sarà un cartellone bensì butteremo tutto dentro una presentazione digitale fatta con canva o con che-ne-so-io. Avremo il nostro compito di realtà, promuoveremo tutti, dimenticheremo tutto e ci godremo le vacanze estive.

Riporto il significato del verbo “tinker about” secondo il piccolo dizionario Ragazzini-Biagi: “lavoricchiare, pasticciare, armeggiare”. Quanti dei nostri lettori sono entusiasti del tinkering?

Un commento

  1. Mi sembra tutto giusto, troppo giusto.
    Una sola avvertenza; vari anni fa per una particolare situazione mi furono affibbiate 13 ore di sostituzioni alla settimana. Mi capitò di borbottare qualcosa in pubblico riguardo al mio “dispitto” per dovere trasformarmi in baby-sitter, partì la spiata e mi sono “beccato” un provvedimento disciplinare.
    Quindi raccomando attenzione nell’uso della locuzione inglese.

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