“Bambini con l’etichetta”, un libro che dovrebbe far pensare

Siamo certi che le diagnosi precoci siano sempre il meglio? Siamo certi che la medicalizzazione a scuola produca sempre effetti benefici? Per nulla…

Nel panorama della neuropsichiatria infantile e dell’educazione, il libro Bambini con l’etichetta. Dislessici, autistici e iperattivi: cattive diagnosi ed esclusione di Michele Zappella, pubblicato da Feltrinelli nel 2021, ci è parso distinguersi, anche per la presenza di ipotesi che, ad un’analisi superficiale, possono sembrare provocatorie. L’autore, che ha una vasta esperienza nel campo della neuropsichiatria infantile ed un curriculum di tutto rispetto (*), analizza il problema delle diagnosi affrettate (soprattutto di autismo e dislessia) nei bambini, ed evidenzia il rischio che esse si trasformino in etichette destinate a condizionare per sempre il loro sviluppo e il loro rapporto con gli altri.

Zappella critica il sistema diagnostico attuale, che tende a catalogare i bambini secondo schemi rigidi e a volte inadeguati, scarsamente rispettosi dei loro ritmi e tempi di crescita, producendo effetti inimmaginabili: dagli anni ’70 le diagnosi di autismo, ad esempio, sono cresciute di quasi settanta volte. Molte di esse vengono fatte in maniera superficiale, spesso senza entrare in una paziente relazione costruttiva con i bambini, e senza una reale comprensione del contesto in cui essi vivono. Ne deriva un’azzardata e precoce patologizzazione di comportamenti che invece potrebbero rientrare nella normale variabilità infantile. Un bambino vivace e distratto potrebbe essere facilmente etichettato come iperattivo, se non si considerano fattori come l’ambiente familiare, che magari è poco stimolante, o come eventuali difficoltà emotive transitorie. È un approccio che non conduce solo a una medicalizzazione innecessaria dell’infanzia, ma può dar corso alla pratica della prescrizione di farmaci.

Un altro aspetto preoccupante di questo scenario – secondo l’autore – è l’impatto psicologico dell’etichettamento precoce. Infatti, quando a un bambino viene attribuita un’etichetta diagnostica, il rischio è che questa influenzi non solo il modo in cui viene percepito dagli altri (genitori, insegnanti, coetanei) ma anche il modo in cui egli stesso si percepisce. Un’etichetta può trasformarsi in una sorta di profezia che si auto-avvera: un bambino al quale viene detto che ha un disturbo interiorizza l’immagine di questo disturbo, e purtroppo può finire col rispecchiarlo nei propri comportamenti, limitando le proprie possibilità di sviluppo. Spesso il sistema scolastico e i servizi di supporto non aiutano, poiché trattano questi bambini come “casi clinici” piuttosto che come individui con potenzialità da valorizzare.

Il libro non si limita a criticare il sistema vigente. Propone un’alternativa basata su un approccio più attento e rispettoso delle peculiarità di ogni bambino. Sarebbe fondamentale evitare di classificare prematuramente i bambini, per concentrarsi invece su strategie educative che li aiutino a esprimere il loro potenziale senza il peso di una diagnosi stigmatizzante.

L’autore invita genitori ed educatori a considerare ogni bambino come un individuo unico, con bisogni specifici che non possono essere ridotti a una semplice categoria clinica. Piuttosto che insistere su terapie standardizzate, è preferibile l’adozione di metodi educativi flessibili, che incoraggino la creatività e il pensiero critico. Un bambino con difficoltà di lettura, ad esempio, potrebbe beneficiare di un ambiente di apprendimento stimolante e personalizzato piuttosto che di un percorso rigidamente strutturato intorno alla diagnosi di dislessia.

Tutto ciò senza nulla togliere all’importanza della diagnosi precoce, quando essa sia formulata con le dovute attenzioni, pensando anche agli effetti che è destinata a produrre.

(*) Michele Zappella (Viareggio, 1936), già docente di igiene mentale dal 1970, fu uno dei promotori della chiusura delle scuole speciali in Italia. Ha lavorato al Fountain Hospital di Londra, è stato Fellow of Neurology al Children Hospital di Washington, primario di neuropsichiatria infantile all’Ospedale Regionale di Siena, membro onorario della Society for the Study of Behavioural Phenotypes di Londra e vice-presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile. Per i suoi lavori sull’autismo ha ricevuto nel 1981 la Medaglia d’Oro e la Cittadinanza Onoraria del comune di Sesto San Giovanni. Ha sempre svolto ed è impegnato tuttora in una intensa attività clinica.

Per un’intervista di ulteriore approfondimento https://www.ondanews.it/autismo-e-dislessia-troppe-false-diagnosi-i-rischi-per-bambini-e-genitori-intervista-al-professore-michele-zappella/

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