Ci dobbiamo giustificare? (2)

Non è una domanda retorica. Alcune mie libere riflessioni sul perché gli insegnanti non si oppongono al progressivo degrado della scuola.


La prima parte di questo articolo è stata pubblicata in precedenza. In questa seconda parte, provvisoriamente anche ultima, elencherò i motivi della diffusa rassegnazione degli insegnanti. Come mio solito, nessuna indagine statistica, nessun metodo, nessuno scrupolo, nessuna ambizione di risultare simpatica, solo osservazioni e riflessioni personali. Se avete opinioni diverse, ricordatevi che questo è un blog, quindi siete liberi di aggiungerle.

  1. Precedenti sconfitte. I docenti italiani, quando hanno combattuto, hanno subito sconfitte umilianti da cui nessuno sarebbe in grado di riprendersi. Si opposero con grande energia alla riforma della “Buona Scuola” di Renzi ma la “Buona Scuola” ugualmente passò. Ora ci è stato imposto dall’alto il PNRR che è ancora peggio e neanche diciamo più nulla.
  2. Ricambio generazionale. Gli insegnanti migliori sono andati in pensione. I giovani che li hanno sostituiti sono il prodotto di questa pseudo-scuola e dei successivi corsi di formazione. Sono le rotelle di un grande ingranaggio. Per alcuni la principale preoccupazione è: “Come faccio a entrare in ruolo?”. Fra qualche anno apriranno gli occhi e capiranno.
  3. Selezione. I giovani più brillanti si tengono lontani dalla scuola. Non è una questione di soldi. La causa principale è il meccanismo di reclutamento logorante ed umiliante. Altre cause sono: mancanza di prestigio sociale, morte della libertà di insegnamento, un lavoro psichicamente stressante per la scarsa educazione dei ragazzi.
  4. Inclusione. A scuola non si parla più di cultura. Si parla di inclusione. Le due cose potrebbero benissimo andare d’accordo, ma io sento parlare solo di inclusione.
  5. Istituti comprensivi. Nel primo ciclo (fino ai 14 anni) hanno creato gli istituti comprensivi. Quando il collegio si riunisce, è difficile trovare un argomento che interessi sia le maestre dell’infanzia che i professori della scuola secondaria. Il collegio diventa un lungo monologo dei dirigenti e del loro staff. Non c’è più democrazia.
  6. Resilienza. I docenti in apparenza accettano tutto e lo scrivono nelle loro relazioni. In pratica, però, fanno quello sanno fare, che è tutt’altro, non hanno rivoluzionato la loro didattica. Si limitano, qualche volta l’anno, a fare qualcosa di più coreografico, giusto il tempo di scattare delle foto da mettere sul sito web della scuola. Un tempo si diceva: “Attacca il ciuccio dove vuole il padrone”. Oggi si chiama resilienza.
  7. Vocazione. La vocazione all’insegnamento è una bella cosa, assolutamente non indispensabile, ma nasconde i suoi rischi. I docenti con la vocazione non ammetteranno mai che i loro alunni sono degli ignoranti. Questo, ai loro occhi, significherebbe un fallimento personale senza possibilità di rifarsi in futuro. Sarebbe il fallimento della loro intera esistenza. La diffusa retorica dei tanti articoli che iniziano così: “Il bravo insegnante è quello che…” crea di questi danni. Un insegnante deve dare il meglio di sé stesso quando prepara le lezioni e quando fa lezione. Fatto questo, può anche non piacere. Non deve dimostrare di essere bravo o addirittura il migliore. Deve essere principalmente sé stesso. Se un alunno non vuole seguire il proprio insegnante significa che ha esercitato il proprio libero arbitrio. Ci sono insegnanti che non la pensano così. Diranno sempre che loro funzionano come insegnanti, che tutti i loro alunni hanno fatto progressi incredibili, pertanto anche la scuola funzionerebbe se ci fossero insegnanti bravi come loro.
  8. Mancanza di riferimenti politici. Noto che i politici italiani sono divisi su tutto, tranne che su un unico punto: la pensano tutti alla stessa maniera in fatto di scuola. Strabiliante! Possibile che nessun partito si voglia differenziare? In mancanza di partiti, si potrebbe avere almeno una corrente? In mancanza di correnti, si potrebbe avere almeno un singolo parlamentare che la pensi come il Gessetto e, soprattutto, lo proclami? In realtà, quando scrissi un pensiero simile su Facebook nel 2022, qualcuno mi rispose che molte di queste idee erano state inserite nel programma elettorale di “Italia Sovrana e Popolare”. L’eccezione che conferma la regola! Nessuno ormai si ricorda più di loro.

Adesso che abbiamo alibi a sufficienza, dimentichiamoli e svegliamoci!

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