Forse cominciano a capire…
Le Nuove Indicazioni Nazionali anticipate dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara lasciano sperare che qualcosa si stia muovendo.
Le recenti notizie della reintroduzione nei curricula scolastici delle scuole secondarie dello studio della Geografia – quasi cancellato negli anni scorsi dietro il paravento di quella farsa della Geostoria –, della Storia in termini finalmente evenemenziali, della Letteratura in modo più approfondito, sono sintomi forse che ai piani alti della legislazione scolastica qualcuno comincia a rendersi conto che il modello di scuola-azienda al servizio esclusivo del mondo e del mercato del lavoro, confinato nel letto di Procuste di vincoli e lacci burocratici o di mode pseudopedagogiche, presenta qualche lacuna, che è un modello restrittivo e che, accanto alla scuola intesa come mero addestramento professionale è più che mai fondamentale una scuola formativa: sono i fatti stessi, l’esperienza di questi ultimi anni di una scuola disastrata a confermare la necessità di un ritorno alla cultura umanistica, riscoprendone il valore formativo delle menti.
Come già affermava Martha Nussbaum in Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura, è interesse anche del mondo economico e imprenditoriale valorizzare la cultura umanistica perché in grado di fornire quel senso critico e quelle capacità di rielaborazione personale e adattamento alle situazioni che un semplice addestramento lavorativo non è in grado di dare, perché soddisfa le esigenze del mondo contemporaneo se non in modo estremamente contingente e riduttivo: e del resto, le giovani generazioni abbandonate a se stesse, private di un orientamento e capacità linguistica, critica, private di una consapevolezza storico-geografica, non sono in grado di affrontare le sfide del mondo di oggi; anzi, abbiano assistito proprio in questi ultimi anni allo sbandamento di una gioventù abbandonata all’effimero, privata di guide e valori, affidata a un’idea di insegnamento in cui il docente non è più punto di riferimento e di conoscenze, ma compagno “facilitatore”, semplice funzionario di un sapere valido nella misura in cui risulta “utile”, privato di quel carisma, potere e autorevolezza che derivano dal possesso e dalla trasmissione della conoscenza.
Ciò mentre i piani surrettizi di Educazione civica, Cittadinanza e Costituzione, educazione all’affettività, si sono dimostrati anodini palliativi, così come le spesso ridicole innovazioni metodologiche di ogni tipo che hanno invaso la scuola, volte a farla competere con gli aspetti ludici della società, a trasformarla in una specie di burocratico carnevale dei balocchi in nome del diritto allo studio divenuto “diritto al successo scolastico” senza fatica, bandendo il concetto stesso di studio come riflessione e conquista lenta, laboriosa, personale, annullando la valutazione e i risultati della gradualità propria della vera formazione intellettuale e professionale.
Una reale educazione emotiva, etica e civile può derivare solo dalla lettura approfondita dei classici, e concordiamo perfettamente con il filosofo Galimberti quando afferma che le scuole non devono essere riempite solo di computer, ma soprattutto di libri di letteratura, perché è lì che si forma l’individuo completo, la “persona” con tutto il suo bagaglio di educazione all’emotività, ai sentimenti, alle passioni, e di conoscenze anche tecniche.