Giorgio Israel: un approccio scientifico al disastro
Il noto matematico usava smontare le idee dei novatori, che spesso si diffondono nelle scuole senza alcuna discussione
“Non diversamente vanno le cose per quanto riguarda la geografia. Come inizia lo studio della geografia? La maestra piazza al centro della classe un bel mappamondo e i bambini si affollano attorno curiosi facendo domande… Ma per carità! Questi sono approcci vecchi e superati. Nossignore. La maestra inviterà gli alunni a disegnare quel che vedono “fuori” dalla finestra della classe. Poi sottoporrà loro una scheda di figure con domande quiz: “Il verme è fuori o dentro la mela?”, “La mela è vicina alla pera o lontana?”. Ma che diamine c’entra tutto questo con la geografia? – chiederete voi. Siete ingenui e sorpassati. Occorre che il bambino acquisisca preliminarmente le idee della spazialità. Del resto, è dalla scuola materna che viene tormentato con domande, quiz e disegni su “fuori e dentro”, “vicino, lontano”, “sopra, sotto” e la tortura ricomincia interminabile alle elementari. Quale becero intellettualismo ha suggerito di storpiare le idee intuitive del bambino con quelle formali di freccia del tempo e geometria dello spazio? È l’intellettualismo di un’accolita di metodologi che hanno ritenuto che fosse una trovata geniale premettere allo studio della storia e della geografia l’assimilazione dei concetti generali di “spazialità” e “temporalità”. E si sbaglierebbe a credere che questa sia una tortura inflitta temporaneamente al bambino e destinata a concludersi rapidamente”.
[Giorgio Israel, Chi sono i nemici della scienza?, Lindau editore, Torino, 2008, p. 26]
“Per ora, limitiamoci a registrare i disastri che ha prodotto la demagogia dell’egualitarismo e della manipolazione della struttura scolastica in termini meramente tecnici, senza nessuna seria considerazione per i contenuti. Un crollo che non è soltanto in termini di qualità dell’istruzione, ma anche un disastro educativo che si riflette nell’indisciplina e nella mancanza di rispetto per la figura del docente – ridotto ormai a un burocrate stretto nella tenaglia delle normative calate dall’alto e delle pretese dell'”utenza” – che ormai dilagano nelle scuole italiane. È davvero penoso assistere allo spettacolo dei principali attori di questo disastro che lamentano il fatto che gli alunni non sanno più scrivere in corsivo e non sanno fare calcoli elementari come se tutto ciò fosse colpa del riscaldamento globale o del buco nell’ozono e non fosse diretta conseguenza della loro “opera”. Costoro, come sono stati incapaci di affrontare efficacemente la problematica dell’insegnamento così sono incapaci di comprendere i loro errori, e tanto meno possono essere capaci di emendarli. Lo si è visto, del resto, nel modo in cui si è cercato di mettere delle toppe sul problema dell’indisciplina nelle scuole, emanando una “carta dello studente” che finiva col lusingare ancor di più la pretesa di avere diritti anziché richiamare l’esigenza di adempiere a dei doveri. E si è così prodotto un esempio perfetto della situazione così bene descritta da Platone ne La Repubblica, in cui “un maestro ha paura degli allievi e li lusinga, gli allievi dal canto loro fanno poco conto sia dei maestri sia dei pedagoghi; insomma, i giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano a parole e a fatti, mentre i vecchi, abbassandosi al livello dei giovani, si riempiono di facezie e smancerie, imitando i giovani per non sembrare spiacevoli e dispotici”.
[Giorgio Israel, Chi sono i nemici della scienza?, Lindau editore, Torino, 2008, p. 44-45]