Gli errori di Galiano

Molti organi di stampa amplificano spesso opinioni decettive ed espresse con grande leggerezza contribuendo al dilagare di ideologie malfondate


L’insegnante-guru Enrico Galiano, in un’intervista rilasciata a La Repubblica e pubblicata il 5 luglio 2024, chiamato a formulare un giudizio sull’operato del ministero dell’Istruzione e del Merito, ha affermato: “La risposta me l’ha data mia figlia di sette anni quando ha detto: ‘Papà, non voglio che mi dai ripetizioni di Latino perché non voglio imbrogliare, voglio essere alla pari con i miei compagni’. Ha capito più cose del ministro Giuseppe Valditara. Spesso i meritevoli sono semplicemente ragazzi più fortunati, cresciuti in famiglie che li hanno stimolati e hanno potuto pagare ripetizioni e tutor”.

Non ho mai difeso in vita mia un sol ministro dell’istruzione, e non lo farò nemmeno stavolta, per molteplici ragioni. Mi sta invece a cuore mostrare come nell’uscita della giovanissima figlia di Galiano, che il padre innalza al rango di argomentazione acuta senza pensare di correggerla, siano annidati diversi errori ideologici da cui dovremmo guardarci, ma che – grazie a un potente lavaggio del cervello operato per decenni – molti adulti stentano a riconoscere.

Cercherò di sviluppare per punti la risposta al debole e confondente argomento dell’imbroglio, ma senza lasciar correre i pregiudizi impliciti. Purtroppo non potrò seguire un ordine ottimale perché, come spesso accade coi serpai ideologici, è persino difficile capire da che lato iniziare il lavoro.

  1. Ricevere lezioni di latino per apprendere precocemente importanti nozioni (sic) e regole grammaticali, non è imbrogliare quand’anche gli altri non si possano permettere le medesime lezioni. Non è imbrogliare come non lo sono il frequentare una scuola di danza o di tennis che altri alunni non si possono permettere; il ricevere in regalo giochi educativi e libri che altri non si possono permettere; il sedere a tavola ed ascoltare i discorsi di adulti colti che talvolta affrontano argomenti astratti, utilizzando un ampio vocabolario cui altri bambini non hanno mai accesso; il possedere un abbonamento al teatro o ricevere lezioni di musica da maestri che altri non si possono permettere. Galiano confonde gravemente i vantaggi con gli imbrogli, ed è un peccato che non possa spiegare alla figlia qualcosa ch’egli stesso pare non avere capito. I vantaggi, infatti, sono beni che derivano da condizioni di favore, mentre gli imbrogli usurpano le condizioni di favore. Dovrebbe essere inutile – ma evidentemente non lo è – aggiungere che le condizioni di favore non sono necessariamente frutto degli imbrogli e solo una ideologia velenosa può assolutizzare questo legame causale.

  2. Ma perché la figlia di Galiano pensa che ricevere lezioni di latino dal padre sia un imbroglio? La risposta sta nella premessa inconsapevole. Quali sono le sole circostanze in cui i vantaggi possono equivalere ad imbrogli? Sono le gare. La bambina chiede di non imbrogliare perché – sbagliando – si sente in competizione con i compagni di classe e – con spirito cavalleresco genuino – si rifiuta di vincere utilizzando trucchi e spintarelle.

  3. Galiano non si smarca affatto da quest’idea erronea della figlia e, forse senza accorgersene, avalla l’idea di una scuola come luogo di competizione nel senso peggiore del termine (chi voglia approfondire la questione può cliccare qui). Riassumo così il suo punto di vista contraddittorio: “penso che la vita non sia una gara tra esseri umani, tanto più perché non partiamo tutti nelle medesime condizioni; ne segue che non intendo offrire a mia figlia tutta la cultura che potrebbe avere, perché non voglio che nella vita – che è una gara – lei vinca imbrogliando”.

  4. Nel momento in cui per Galiano (che promuove il pensiero della figlia di sette anni) le ripetizioni di latino fatte in casa diventano un imbroglio, non emerge solo la sua concezione involontariamente competitiva (benché io sia sicuro che affermerebbe il contrario); non emerge solo il fatto ch’egli rinuncia a spiegare alla figlia che è un bene che lei impari tutto quanto riesce ad imparare, e che è un bene che lei usi quel dono di fortuna anche per aiutare gli altri, a partire dai compagni e dalle compagne che si trovano in difficoltà; emerge anche un sottile disprezzo per la cultura stessa. Infatti, secondo questa maniera di pensare, essa non ha un valore intrinseco, non è un bene in sé, di modo che tanto più è grande quanto è maggiore il beneficio per l’individuo. La cultura varrebbe solo come strumento per stabilire una gerarchia all’interno della scuola o della classe. Quest’idea è dominante: il sapere deve servire in senso pratico, oppure nell’affermazione sociale. Sfugge l’idea di un sapere che dia pienezza alla vita dell’individuo a prescindere dalle sue ricadute esterne.

  5. Torniamo all’argomento dell’aiuto come imbroglio. A partire da quest’assunto, che cosa dovrebbe mai fare un bambino che si trovasse avvantaggiato dal possesso dei molti beni che ho elencato sopra, e volesse essere cavalleresco verso i compagni? Dovrebbe forse rinunciare a tutti i beni che ha a disposizione per allinearsi alle condizioni materiali del compagno di scuola più sfortunato, per non imbrogliarlo? Ma qual è la soglia limite? Siamo sicuri che sia possibile fissarla?

  6. Immaginiamo di rispondere a queste domande paradossali, come farebbe il comprensivo Galiano. Ebbene, che cosa diverrebbe la scuola? Diverrebbe un inferno in cui nessun allievo può muovere un sol passo avanti imparando qualcosa, migliorando. Noi insegnanti sappiamo bene che ogni santo giorno c’è qualche bambino, c’è qualche ragazzo sfortunato vittima di nuove sventure familiari, di nuovi problemi materiali. Ora, secondo Galiano, tutti quanti, per cortesia umana o empatia, dovrebbero forse privarsi del vantaggio di non patire sventure… Forse l’intera società si dovrebbe arrestare per non imbrogliare i meno fortunati, i poveri, gli ultimi. È possibile che questo sia ciò che auspica Galiano; io invece penso sarebbe un’immane catastrofe dove gli ultimi sarebbero i primi a perire.

  7. C’è dell’altro. Quali sarebbero le condizioni di vantaggio nella vita? Se ciò che crea un vantaggio scolastico è un imbroglio – come acconsente il nostro guru – allora alla categoria degli imbrogli dobbiamo aggiungere anche altri vantaggi palesi: è un imbroglio nascere fisicamente sani, o inclini allo studio, o in famiglie in cui le dinamiche affettive e relazionali siano le più idonee ad una crescita armonica, ovvero in paesi e città culturalmente ricche, stimolanti. È così? Che cosa dovrebbero dunque fare un bambino o una bambina che si accorgano di avere avuto più fortuna dei compagni malati, o con disabilità, o provenienti da famiglie e luoghi depressi? Devono rinunciare alla salute? Devono cambiare casa, paese o genitori per non imbrogliare? Devono sentirsi in colpa per la facilità con cui apprendono? Sono figlio di un autista e di una casalinga, e tuttavia, quando il discorso prende questa piega sento puzza di odio di classe.

  8. Certo, Galiano potrebbe obiettare che le condizioni economiche e materiali degli svantaggiati sono le uniche contro le quali lottare proprio perché esistono vantaggi di altro tipo su cui è impossibile intervenire. Sarei senza dubbio d’accordo. Eppure Galiano, nella sua intervista, non ha affatto corretto la figlia, magari spiegandole che la politica dovrebbe prendersi cura degli ultimi redistribuendo meglio la ricchezza, o che le scuole necessiterebbero di maggiori risorse per organizzare corsi di recupero pomeridiani, sostenere gli alunni che non hanno genitori che possono dar loro lezioni a casa etc.. Galiano ha preso per buona l’idea della bambina, e si concentra sull’obliterazione del vantaggio anziché sulla lotta allo svantaggio. Se ne deve assumere la responsabilità intellettuale.

Galiano pensa di fare giustizia togliendo sapere a chi può averlo, e non s’accorge che così facendo alimenta l’idea secondo la quale la scuola è una competizione, oltre a spingerla ulteriormente giù dalla china. Su queste basi si finisce pure col confondere i beni materiali e quelli immateriali. Infatti la cultura non è come una pagnotta che va meccanicamente divisa in parti via via più piccole mano a mano che cresce il numero dei commensali. No, il sapere non funziona così. Esso è infinitamente divisibile. Nessuno scolaro sfortunato trae il minimo beneficio dal fatto che ad uno scolaro fortunato venga sottratta una parte del sapere; entrambi invece hanno molto da perdere.

È inutile che mi dilunghi sulle conclusioni di Galiano a proposito del merito. Ritengo siano la diretta conseguenza delle sue premesse fallaci. Egli si colloca tra coloro che – nell’escatologica attesa di un mondo (impossibile e terribile) in cui tutti gli esseri umani vengano alla luce nelle medesime condizioni – disconoscono sdegnosamente persino i beni che nulla levano agli altri, nella vana convinzione che, languendo in una diffusa mediocrità, la società riesca a funzionare in modo decente. Giustamente incapaci di rassegnarsi a un’iniqua distribuzione delle fortune su cui l’uomo ha qualche potere, essi nutrono un insano risentimento che li induce a desiderare la disfatta di chi ha, piuttosto che l’estensione al maggior numero di persone di quei beni sui quali è possibile decidere. Il merito si deve certo accompagnare alla lotta alle sperequazioni, ma il peggior modo di sostenere questa lotta è proprio la mortificazione di chi beneficia di vantaggi incolpevoli.

Nella trepida attesa abbiamo qualcosa a cui pensare. Una scuola in cui il livello medio della preparazione degli allievi continui ad abbassarsi, magari chiamando contraddittoriamente in causa il rifiuto della competizione e le diffuse condizioni di svantaggio socio-economico, non è un fatto ineluttabile; è semmai una precisa scelta ideologica, pedagogica e politica i cui frutti amari sono già sotto gli occhi di tutti, anche se qualcuno continua a intorbidire le acque.

4 Commenti

  1. E’ la prima vota che sento paragonare i vantaggi materiali a quelli culturali. Era ora che qualcuno lo facesse

  2. Io difendo due ministri PI ella mia vita : Franca Falcucci e Giuseppe Fioroni.
    E poi vari ministri prima della mia vita, soprattutto Benedetto Croce

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