I giorni dell’accoglienza

I primi giorni di scuola hanno la loro importanza, ma sempre più sembrano anticipare i problemi che seguiranno nel tempo


Tempo di ripresa. Si torna a scuola. Alcune frenetiche giornate hanno preceduto l’avvio delle lezioni, funestate dai lavori del P.n.r.r. in tutti i plessi, di tutte le scuole, di tutte le valli, gli sperduti paesi, le desolate periferie e gli aristocratici centri storici delle città di tutta Italia. In quei giorni, benché accampati in ambienti di fortuna, i temerari insegnanti si sono riuniti per le attività di programmazione del lavoro che si andrà a proporre nelle prime settimane.

Nella scuola primaria si tratta di un tempo cruciale. È il grado scolastico che più di altri è stato rimodellato, negli ultimi decenni, nella direzione di un lavoro di tipo collegiale, pertanto ci si riunisce in assemblee, per team, per classi parallele e si procede con proposte, idee, progetti, ci si confronta, si discute animatamente, si giunge a decisioni più o meno condivise emerse da furiosi brainstorming.

Fino a qualche anno fa il lavoro preparatorio, essenzialmente, riguardava le proposte didattiche che si pensava di presentare nel primo periodo di ripresa delle lezioni. Il ripasso delle nozioni acquisite, il rilevamento delle incertezze, il consolidamento in vista del lavoro previsto per la classe in corso. Da qualche tempo, però, una parola, prima entrata furtivamente nelle riunioni settembrine, poi palesatasi in modo sempre più spavaldo, richiama l’attenzione generale fin dal primo giorno di programmazione: “accoglienza”.

I bambini, sollevati dall’impegno scolastico per più di tre mesi, riemersi dai chiassosi centri estivi, da spiagge assolate, piscine, montagne, villaggi vacanze o più semplici soggiorni a casa dei nonni, hanno, evidentemente, bisogno di essere accolti e, forse, ulteriormente coccolati da una scuola pucciosa e ovattata che li cullerà, ancora per un po’, con proposte morbide e confortevoli. Questa accoglienza assume, di anno in anno, forme più originali, estese, talvolta surreali e grottesche.

Quindi, nelle varie riunioni, dopo aver frettolosamente scelto qualche scheda da fotocopiare per le “prove d’ingresso”, l’attenzione di tutti è rapita dall’accoglienza.

A volte lo spunto è rappresentato, banalmente, dall’estate appena trascorsa, dalle vacanze, dal tempo dello svago. Quindi largo a mari e montagne, barche a vela, conchiglie, pesci colorati, boschi, stambecchi e aquile reali. Altre volte, specie con i più grandicelli, ci si avventura sul terreno scivoloso dell’attualità e si propongono temi legati allo sport, ad eventi culturali di una certa rilevanza, a fatti che hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. Quest’anno, per esempio, si portano molto le Olimpiadi, con una doverosa digressione verso le Paralimpiadi.

E quindi ecco un profluvio di bandiere, inni al valore dello sport come veicolo di partecipazione e condivisione, rimandi al significato del sano spirito competitivo e richiami alle origini storiche dell’evento.

Non mancano, nelle attività che vanno sotto al cappello dell’accoglienza, le anticipazioni di alcune succose proposte didattiche che si affronteranno durante l’anno, a seconda della classe, e che di solito suscitano aspettativa e curiosità nei bambini. Si spazia dall’era dei dinosauri alle piramidi egizie, dal sistema solare al Colosseo, in un allegro carnevale di immagini, veloci svelamenti e appetitosi presagi di ciò che verrà.

C’è, poi, tutto il filone motivazionale, per cui la classe viene accompagnata all’inizio dell’anno scolastico come partisse in battaglia e si fa leva su frasi a effetto, immagini di mani che si stringono, abbracci, slogan incoraggianti, odi all’amicizia e alla solidarietà di gruppo. Si finisce con lo scandagliamento emozionale, per cui si improvvisano improbabili circle time, ci si ostina pervicacemente nel tentativo di creare, nel girotondo di figure che entrano e escono dalla classe nei primi giorni di scuola, momenti intimi a volte difficili da gestire e più simili a bizzarre e spericolate sedute di gruppo che a bonari incitamenti a condividere le emozioni provenienti da un semplice primo giorno di scuola, che sarà simile a tanti altri.

Qualunque sia la scelta tematica del team di classe, i giorni dell’accoglienza determinano un poderoso lavoro iniziale, che si esplica in lunghe conversazioni, presentazioni digitali, schematizzazioni e piani di lavoro, cui seguirà l’invito a tradurre il tutto in filastrocche o versi poetici collettivi e individuali, disegni, coccarde, completamento di schede predefinite, ma anche realizzazioni di manufatti, costruzioni, strutture, porzioni di lavoro che andranno a costituire imponenti patchwork che copriranno pareti, porte, corridoi e che vedranno la creatività a briglia sciolta.

L’accoglienza, infatti, data la mole delle attività proposte, può durare ben oltre i primi giorni di lezioni.

Presto, ai giorni dell’accoglienza, seguiranno quelli dei progetti da adottare, delle uscite didattiche sul territorio, delle proposte di iniziative tra le più disparate (adozione di monumenti, partecipazione a concorsi, giornate ecologiche, della legalità, della pace, degli animali…). Non mancherà l’invito dell’esperto di turno che parlerà di bullismo, di sicurezza in rete, di spreco alimentare, di diritti dei consumatori.

Così vola via il tempo lento e necessario di un’altra parola, che se ne sta sempre più in disparte, così poco appariscente, così poco accattivante, estromessa senza troppo riguardo dal mondo cui appartiene: la didattica.

La scuola primaria si perde in un circo rutilante, crede che bastino i ritagli di tempo, tra una giornata dei calzini spaiati e un video sull’alimentazione dei dinosauri, per imparare a leggere con sicurezza, a scrivere in corsivo senza errori, a prendere confidenza coi numeri decimali o con l’area del rombo. Accompagna i piccoli in un lungo cartone animato che li lascerà, smarriti e interdetti, sulla soglia della scuola secondaria, addobbati per la festa sbagliata.

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