Una società in caste
Come aveva bene arguito Antonio Gramsci la rinuncia ad una istruzione seria ed estesa a tutti cristallizza la società, eliminando ogni mobilità economica
E. D. Hirsch, nella sua opera ora tradotta in italiano Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo, rileva un primo grande paradosso del progressismo pedagogico: la rinuncia della pedagogia all’alfabetizzazione e alle discipline per amore dell’ugualitarismo manca anche l’obiettivo che più le sta a cuore. Il fatto è che l’alfabetizzazione e le conoscenze teoriche (la grammatica, la matematica) restano condizioni ineludibili della partecipazione politica e del successo economico. Il compito di insegnarle a fondo, respinto dalla scuola pedagogizzata, ricade sulle famiglie. Ma le famiglie sono estremamente differenziate: a volte sono in grado di istruire i loro figli, a volte no. Il risultato è quello previsto da Gramsci, che Hirsch cita con ammirazione: i figli delle famiglie povere non ricevono istruzione, né a scuola né in famiglia, sono dunque esclusi dal progresso intellettuale, così da essere privati di ogni prospettiva di partecipazione politica e ascesa economica. In una parola: il progressismo pedagogico che proclama la centralità del bambino e si prodiga a fortificarne l’autostima non realizza la società ugualitaria desiderata dal progressismo politico, ma una società in cui ricchi e poveri non sono classi fluide in cui gli individui entrano ed escono in base ai loro meriti, ma caste irrigidite lungo le generazioni. Il progressismo pedagogico è incompatibile non solo con la cultura e la scienza, ma perfino con il progressismo politico.
[Questo brano è tratto da un articolo di Paolo Di Remigio leggibile qui]
Semplicissimo .La scuola vecchio tipo permetteva ai figki degli sprovveduti di iscriversi al liceo classico e di riuscire…Oggi, la maggioranza di costoro , per assoluta impreparazione di partenza ,non riesce…..e riesce solo abbastanza anche chi e’ di estrazione sociale privilegiata