Vecchie accuse

Oggi capita che la pedagogia muova accuse forse valide un secolo fa, oltre che fondate su concezioni radicali, prive di prudenza scientifica


E. D. Hirsch raccoglie, in appendice al proprio importante lavoro intitolato Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo, un glossario, una vera guida critica alle espressioni pedagogiche. Mi piace ricordare il commento relativo al cosiddetto “apprendimento meccanico”:

L’espressione «apprendimento meccanico» è spesso seguita dall’espressione «di puri fatti». La pratica dell’apprendimento meccanico risale al metodo oggi poco usato di chiedere a tutta una classe di recitare all’unisono una serie di risposte a una serie di domande – che gli alunni sappiano o meno ciò che la loro recitazione significa. Questa pratica è però del tutto scomparsa. Se ai pedagogisti odierni si chiede che cosa intendano con l’espressione «apprendimento meccanico», essi danno risposte differenti: che significa «declamare parole» senza capire il loro significato, o memorizzare proposizioni senza capirle, o imparare tanti fatti isolati. Essi obiettano che la memorizzazione meccanica genera un atteggiamento passivo e acritico negli alunni, che, come speriamo tutti, devono crescere per essere cittadini dallo spirito indipendente. Tutte queste obiezioni all’apprendimento meccanico sono valide. È meglio incoraggiare l’apprendimento integrato della conoscenza rispetto alla ripetizione puramente verbale di fatti separati. È meglio per gli alunni pensare da soli che ripetere puramente ciò che si è detto loro. Per tutte queste ragioni, l’apprendimento meccanico è inferiore all’apprendimento interiorizzato e che può essere espresso a parole sue dall’alunno. Tuttavia, queste obiezioni valide all’istruzione puramente verbale, frammentata e passiva sono state usate come uno strumento spuntato per attaccare l’importanza della conoscenza fattuale e del vocabolario [corsivo mio]. Una qualche forma di apprendimento puramente meccanico è indispensabile, ad esempio per imparare le parole del proprio linguaggio, perché raramente c’è una ragione non arbitraria per cui si diano nomi particolari a cose particolari del mondo. Non c’è nessuna ragione significativa perché l’ortografia inglese debba usare «i» prima di «e» eccetto che dopo «c» o quando suoni come «a» come in «neighbor» o «weigh». O perché «trenta giorni ha settembre». Eppure è utilissimo imparare a memoria questi e molti altri fatti. Il modo in cui si sono imparate le cose, meccanicamente o con altri mezzi, molto spesso svanisce del tutto dalla memoria. Gli psicologi distinguono la memoria «episodica», che può essere di breve vita, e la memoria «semantica», che è molto durevole. L’occasione dell’apprendimento è immagazzinata in modo insicuro nella memoria episodica volatile; dunque, spesso non importa come esattamente siano imparate le cose, purché siano imparate. Nella tradizione progressista, si è usato l’attacco contro l’apprendimento meccanico (opportuno nel 1918) per attaccare la conoscenza e la memorizzazione dei fatti, con grave danno delle competenze scolastiche dei nostri bambini.

[E. D. Hirsch, Jr., Le scuole di cui abbiamo bisogno e perché non le abbiamo, trad. italiana di Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase, Editrice Petite Plaisance, Pistoia 2024, pp. 258-259]

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