Vi ricordate l’IPSIA?

Oggi viene chiamato IPIA, e forse la scomparsa della parola “Stato” nell’acronimo sottolinea, in maniera quasi ridondante, come queste strutture vengano oramai abbandonate da Roma a loro stesse, tra i flutti di un lassismo oramai dilagante, ed imperante.


“Non si boccia in prima”, “la nostra missione è portare avanti gli ultimi“, “hanno delle difficoltà”.

Questo è l’alfabeto su cui si basa la neolingua della didattica inclusiva a tutti i costi, della scuola che rinuncia al suo ruolo di elevazione culturale delle masse, per diventare un bieco asilo per bambini di tre lustri o giu di lì.

Dei vecchi IPSIA, gli Istituti Professionali di Stato per l’Industria e l’Artigianato, oggi rimane assai poco.

Oggi vengono chiamati IPIA, e forse la scomparsa della parola “Stato” nell’acronimo sottolinea, in maniera quasi ridondante, come queste strutture vengano oramai abbandonate da Roma a loro stesse, tra i flutti di un lassismo oramai dilagante, ed imperante.

Il lettore meno accorto, arrivato a questo punto, potrà accusarmi di nostalgia per qualcosa che non è mai esistito, lasciandosi andare a narrazioni di “quando erano matricole loro” su eventi paradossali avvenuti tra le mura dei vecchi ITIS ed IPSIA.

Ma, in verità, io faccio parte dell’ultima generazione di Periti Chimici Industriali, prima che il ministero decidesse di togliere definitivamente questa qualifica, e posso assicurarvi che, negli ultimi dieci anni, la situazione sia andata completamente allo sfacelo.

Studenti che fumano nei corridoi rimproverati con mitezza, come fosse una infrazione minore quella da loro commessa;

intere classi in subbuglio, ingestibili, piene di PEI che, protetti dallo scudo patologico, spadroneggiano su docenti e collaboratori, resi totalmente impotenti da dirigenti/manager, interessati unicamente ad avere quante più iscrizioni possibili, a scapito di quel minimo, indispensabile, di qualità.

Ed è così che per fatti, anche di gravità notevole, (per intenderci non stiamo parlando di bestemmie ed insulti contro professori, quelle sono all’ordine del giorno, parliamo di minacce fisiche ed atti di bullsmo gravi), il consiglio di classe sia costretto a dare sanzioni minori, con obbligo di frequenza, magari evitabili grazie a sanzioni alternative ridicole, alimentando un circolo vizioso di impunità ed escalation senza fine.

Quello che dieci anni fa era ritenuto impossibile è ora una ordinaria realtà, con i docenti più anziani, quelli figli del 18/6 politico, che si vedono travolti da masse non scolarizzate a cui devono rendere quel favore ottenuto decenni prima dai propri docenti.

Solo che nel 1968 il 6 era politico, nel 2025 il 6 è per carità, tra quindicenni che non sanno leggere l’orologio con le lancette, non sanno scrivere in italiano (Laboratorio scritto l’aboratorio è un errore comune, e tra gente sprovvista di PDP), sedicenni convinti che l’America sia stata scoperta nel 1945, e quattordicenni pronti a giurare che Mattarella sia Principe di Italia.

Colleghi, siete sicuri di voler vedere scene del genere in tutte le scuole? Per quanto tempo i vostri istituti saranno immuni da certe dinamiche, per ora limitate a questi corsi a forte vocazione pratica, con classi ancora divise in maschili e femminili?

Dott. G.D. Verdi

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